venerdì 26 dicembre 2008

La mente: padrone o strumento?


Uno degli incubi ricorrenti che più spesso ha alimentato le fantasie degli sceneggiatori di film di fantascienza è quello in cui le macchine prendono il sopravvento sull’uomo trasformandosi da semplici strumenti in entità capaci di assumere il controllo della vita degli esseri umani.
Eppure quasi nessuno di noi è consapevole del fatto che una situazione molto simile è, per noi, già una realtà.
Degli strumenti più raffinati ed elevati che abbiamo a nostra disposizione, ovvero il nostro corpo, la nostra mente e il nostro intelletto, infatti, non sappiamo fare il giusto uso al punto che, si potrebbe dire, sono questi stessi strumenti che usano noi.
Contrariamente alla concezione occidentale che vuole che mente e intelletto siano una cosa sola, la visione trasmessa dal Vedanta (testi sacri indiani che trattano la Verità Suprema e il sentiero per realizzarla) intende queste due parti come facenti parte di un sistema composto di quattro strumenti o meglio quattro distinte funzioni.
Manas, la mente, è la sede delle emozioni, il luogo ove percepiamo di essere tristi, arrabbiati, felici o sereni. In essa risiede la facoltà del dubbio. L’intelletto prende il nome di Buddhi e costituisce la sede delle capacità decisionali, è lo strumento che ci consente di scegliere e di discriminare. Tutte le nostre azioni sono indotte dalle decisioni dell’intelletto. Chitta è l’archivio in cui sono conservati i nostri ricordi e in essa risiedono anche i nostri preconcetti in merito alle persone e alle situazioni che incontriamo nella nostra vita. in ultimo c’è ahamkara, il senso dell’io, ciò che ci dà coscienza delle azioni che compiamo e degli effetti delle nostre esperienze.
La mente, secondo il Vedanta, è un semplice flusso di pensieri che noi dovremmo essere in grado di controllare. Il problema è che noi non sappiamo usare la nostra mente, così, per la maggior parte del tempo siamo noi a rimanere sotto il suo controllo anziché il contrario dando luogo al fatto per cui è lo strumento che usa noi per fare ciò che vuole.
Per spiegare chiaramente questo concetto si usa generalmente l’esempio del cane che scodinzola agitando la coda per mostrare la sua felicità Se, però, fosse la coda a “scodinzolare” il cane, l’animale avrebbe ben pochi motivi per essere felice. Bene, noi, nei confronti della nostra mente, siamo come il cane “scodinzolato” dalla sua coda. L’effetto diretto di questa nostra incapacità a servirci come dovremmo di questo eccelso strumento è che siamo continuamente preda della nostra emotività che a sua volta dipende strettamente dai pensieri che attraversano la nostra mente. Siamo ora felici o depressi, ora esaltati e speranzosi, ora tristi e sconfortati in base al pensiero che in quel momento ci domina.
Imparare a usare la mente nel modo corretto, usandola, anziché facendocene usare, renderebbe sicuramente la nostra vita più serena e pacifica. Controllare gli strumenti di cui siamo stati dotati per rendere confortevole il viaggio della nostra vita ci permette di affrontare una situazione critica con una mente calma e tranquilla, consentendoci anche di attingere alla nostra forza interiore e alle risorse che ci sono in tutti noi.

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